senha

Papa Francisco Cita Dom Bosco ao Falar Para Professores

em 18/03/2015 | 00h00min

Papa Francisco Cita Dom Bosco ao Falar Para Professores

O convite a «comprometer-se nas periferias da escola, que não podem ser abandonadas à marginalização, à ignorância, à delinquência», foi dirigido pelo Papa à União católica italiana de professores, dirigentes, educadores e formadores (Uciim) durante a audiência de sábado 14 de Março, na sala Paulo VI.

«Numa sociedade que tem dificuldade de encontrar pontos de referência, é necessário que os jovens tenham na escola uma referência positiva - frisou o Papa -. Ela pode sê-lo ou tornar-se tal se no seu interior houver professores capazes de dar um sentido à escola, ao estudo e à cultura, sem reduzir tudo unicamente à transmissão de conhecimentos técnicos mas tendo por objetivo construir uma relação educativa com cada estudante, que deve sentir-se acolhido e amado por aquilo que é, com todos os seus limites e capacidades. Nesta direção a vossa tarefa é necessária como nunca. E vós deveis ensinar não só os conteúdos de uma matéria, mas também os valores e costumes da vida. As três cosias que deveis transmitir. Para aprender os conteúdos é suficiente o computador, mas para compreender como se ama, para compreender quais são os valores e os costumes que criam harmonia na sociedade é necessário um bom professor».

Discorso del Santo Padre:

Cari colleghi e colleghe,

permettetemi di chiamarvi così, perché anch’io sono stato insegnante come voi e conservo un bel ricordo delle giornate passate in aula con gli studenti. Vi saluto cordialmente e ringrazio il Presidente per le sue cortesi parole.

Insegnare è un lavoro bellissimo. Peccato che gli insegnanti siano malpagati. Perché non c’è soltanto il tempo che spendono per fare scuola, poi devono prepararsi, poi devono pensare ad ognuno degli alunni: come aiutarli ad andare avanti. E’ vero? E’ un’ingiustizia. Io penso al mio Paese, che è quello che conosco: poveretti, per avere uno stipendio più o meno che sia utile, devono fare due turni! Ma un insegnante come finisce dopo due turni di lavoro? E’ un lavoro malpagato, ma bellissimo perché consente di veder crescere giorno dopo giorno le persone che sono affidate alla nostra cura. È un po’ come essere genitori, almeno spiritualmente. E’ anche una grande responsabilità!

Insegnare è un impegno serio, che solo una personalità matura ed equilibrata può prendere. Un impegno del genere può incutere timore, ma occorre ricordare che nessun insegnante è mai solo: condivide sempre il proprio lavoro con gli altri colleghi e con tutta la comunità educativa cui appartiene.

La vostra Associazione ha compiuto 70 anni: è una bella età! È giusto festeggiare, ma si può anche cominciare a fare il bilancio di una vita.

Quando siete nati, nel 1944, l’Italia era ancora in guerra. Da allora ne è stata fatta di strada! Anche la scuola ha fatto tanta strada. E la scuola italiana è andata avanti anche grazie al contributo della vostra Associazione, che è stata fondata dal professor Gesualdo Nosengo, un insegnante di religione che sentì il bisogno di raccogliere gli insegnanti secondari di allora, che si riconoscevano nella fede cattolica e che con questa ispirazione lavoravano nella scuola.

In tutti questi anni avete contribuito a far crescere il Paese, avete contribuito a riformare la scuola, avete contribuito soprattutto a educare generazioni di giovani.

In 70 anni l’Italia è cambiata, la scuola è cambiata, ma ci sono sempre insegnanti disposti ad impegnarsi nella propria professione con quell’entusiasmo e quella disponibilità che la fede nel Signore ci dona.

Come Gesù ci ha insegnato, tutta la Legge e i Profeti si riassumono in due comandamenti: ama il Signore Dio tuo e ama il tuo prossimo (cfr Mt 22,34-40). Ci possiamo domandare: chi è il prossimo per un insegnante? Il "prossimo" sono i suoi studenti! È con loro che trascorre le sue giornate. Sono loro che da lui attendono una guida, un indirizzo, una risposta – e, prima ancora, delle buone domande!

Non può mancare fra i compiti dell’UCIIM quello di illuminare e motivare una giusta idea di scuola, oscurata talora da discussioni e posizioni riduttive. La scuola è fatta certamente di una valida e qualificata istruzione, ma anche di relazioni umane, che da parte nostra sono relazioni di accoglienza, di benevolenza, da riservare a tutti indistintamente. Anzi, il dovere di un buon insegnante – a maggior ragione di un insegnante cristiano – è quello di amare con maggiore intensità i suoi allievi più difficili, più deboli, più svantaggiati. Gesù direbbe: se amate solo quelli che studiano, che sono ben educati, che merito avete? E ce ne sono alcuni che fanno perdere la pazienza, ma quelli dobbiamo amarli di più! Qualsiasi insegnante si trova bene con questi studenti. A voi chiedo di amare di più gli studenti "difficili", quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili , gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola.

Se oggi un’Associazione professionale di insegnanti cristiani vuole testimoniare la propria ispirazione, è chiamata ad impegnarsinelle periferie della scuola, che non possono essere abbandonate all’emarginazione, all’ignoranza, alla malavita. In una società che fatica a trovare punti di riferimento, è necessario che i giovani trovino nella scuola un riferimento positivo. Essa può esserlo o diventarlo se al suo interno ci sono insegnanti capaci di dare un senso alla scuola, allo studio e alla cultura, senza ridurre tutto alla sola trasmissione di conoscenze tecniche ma puntando a costruire una relazione educativa con ciascuno studente, che deve sentirsi accolto ed amato per quello che è, con tutti i suoi limiti e le sue potenzialità. In questa direzione il vostro compito è quanto mai necessario. E voi dovete insegnare non solo i contenuti di una materia, ma anche i valori della vita e le abitudini della vita. Le tre cose che voi dovete trasmettere. Per imparare i contenuti è sufficiente il computer, ma per capire come si ama, per capire quali sono i valori e quali abitudini sono quelle che creano armonia nella società ci vuole un buon insegnante.

La comunità cristiana ha tantissimi esempi di grandi educatori che si sono dedicati a colmare le carenze della formazione scolastica o a fondare scuole a loro volta. Pensiamo, tra gli altri, a san Giovanni Bosco, di cui quest’anno ricorre il bicentenario della nascita. E lui consigliava ai suoi sacerdoti: educare con amore. Il primo atteggiamento di un educatore è l’amore. È a queste figure che potete guardare anche voi, insegnanti cristiani, per animare dall’interno una scuola che, a prescindere dalla sua gestione statale o non statale, ha bisogno di educatori credibili e di testimoni di una umanità matura e completa. Testimonianza. E questa non si compra, non si vende: si offre.

Come Associazione siete per natura aperti al futuro, perché ci sono sempre nuove generazioni di giovani a cui trasmettere il patrimonio di conoscenze e di valori. Sul piano professionale è importante aggiornare le proprie competenze didattiche, anche alla luce delle nuove tecnologie, ma l’insegnamento non è solo un lavoro: l’insegnamento è una relazione in cui ogni insegnante deve sentirsi interamente coinvolto come persona, per dare senso al compito educativo verso i propri allievi. La vostra presenza qui oggi è la prova che avete quelle motivazioni di cui la scuola ha bisogno.

Vi incoraggio a rinnovare la vostra passione per l’uomo – non si può insegnare senza passione! - nel suo processo di formazione, e ad essere testimoni di vita e di speranza. Mai, mai chiudere una porta, spalancarle tutte, perché gli studenti abbiano speranza.

Vi chiedo anche, per favore, di pregare per me, e vi invito, voi tutti, a pregare la Madonna, chiedendo la benedizione.

Ave Maria…

Fonte: Redação